lunedì 11 luglio 2016

Destiny/Der Müde Tod

Destiny/Der Müde Tod è un film muto del 1921 diretto da Fritz Lang, il leggendario regista Tedesco autore di “Metropolis”, assoluto ed indiscusso capolavoro del cinema muto. (che prima o poi guarderò)
Come spesso mi accade, e so di suonare molto ripetitiva, sono arrivata a questa pellicola tramite vie traverse ed insolite.
La molla, è scattata grazie al brano “Pleiady” dei Schonwald, un gruppo Italiano di darkwave, post-punk e generi affini, scoperto qualche giorno fa.
Il video che accompagna la canzone, è realizzato montando spezzoni tratti dal film di cui vi sto parlando.
Le scene utilizzate sono quelle più suggestive, oscure e magiche, presenti in “Der müde Tod”
Affascinata da brano, video, e dalla presenza di Lil Dagover nei panni della protagonista, ho subito fatto una ricerca nel web, per tentare di trovarlo.

Lil Dagover 

Lil Dagover è un'attrice a me familiare, in quanto protagonista del leggendario “The Cabinet of Dr. Caligari” film che da sempre suscita risatine e battute sarcastiche, per via di questa scena entrata di diritto nell'immaginario comico collettivo.
Ero dunque assai curiosa di vederla in panni differenti, e posso dire di averla apprezzata moltissimo.
Libera dagli eccessi della recitazione espressionista, ha portato in scena una figura femminile splendida dall'emotività appena enfatizzata, capace di rendere ogni sfumatura della storia con grande bravura.
La pellicola è disponibile per intero su YouTube, e in un formato qualitativo eccellente.
Ho apprezzato anche la colonna sonora perfettamente calzante in ogni situazione, non monotona e curata. 
La storia, è una fiaba dark che ne contiene altre di vario genere, il cui tema di base mi ha ricordato moltissimo diversi racconti appartenenti all'universo delle fiabe, (per l'appunto) e leggende popolari.
Tutto si basa su di una donna alla quale la morte ha portato via il fidanzato, nel bel mezzo di quello che ha tutta l'aria di essere un viaggio di nozze.
Spinta dalla convinzione che l'amore può essere forte quanto la morte stessa si reca da quest'ultima, chiedendo di riavere indietro l'anima adorata.
Il triste mietitore, conquistato dalla caparbietà di colei che gli sta dinnanzi, le propone una sfida.
Se risulterà vincitrice, potrà avere indietro il fidanzato.
L'intera scena, si svolge all'interno della dimora dove abita la morte, e dove vengono conservate migliaia di candele rappresentanti ciascuna, la fiamma che mantiene in vita le persone.
Questo è uno dei temi che ho trovato in svariate leggende popolari, e si tratta di un'immagine incredibilmente efficace, romantica e suggestiva, che amo moltissimo.


Proprio delle anime legate a tre grosse candele, dovrà occuparsi la donna. 
Catapultata in tre scenari differenti, i quali costituiscono di fatto tre storie a sé inserite all'interno di quella principale dovrà superare prove e sofferenze, sperando di spuntarla.
I protagonisti del plot di base, ovvero il triste mietitore, i due fidanzati e altri personaggi secondari si trasformano negli attori che animano le storie, durante le quali la donna dovrà cercare di impedire la dipartita del proprio fidanzato.
Questo il tema ricorrente, fisso, che lega ogni ambientazione.
Partendo dall'Arabia durante il sacro periodo del Ramadan si passa poi alla Venezia medievale, sino a terminare la corsa in un Giappone un po' grottesco e caricaturale.
Queste tre parti sono molto curate per quanto riguarda ambientazioni, scenografie e costumi con piccole perle come la presenza di dervisci danzanti nel primo spezzone, ma non mi hanno particolarmente entusiasmata, forse perché da questo film io mi aspettavo atmosfere sospese ed oscure per tutta la durata della pellicola, e non solamente all'inizio e fine.
Sono in ogni caso godibili, ricche di dettagli e dallo stile sempre differente, rendendo la visione mai noiosa e stimolante. (io mi sono annoiata, ma per il motivo descritto poco fa)
Nel primo spezzone troviamo dramma, crudeltà, mistero, e la contrapposizione sempre attuale di un amore contrastato, a causa di motivi religiosi (lei, figlia del califfo, lui, cristiano)
Nel secondo spezzone, quello veneziano, le atmosfere diventano ancora più drammatiche ed oscure, mentre gli scenari rarefatti, meno importanti, per dare maggior risalto al rapporto tra i vari protagonisti.
Il terzo spezzone, quello giapponese, è leggero, comico, ricco di piccole gag e momenti grotteschi.
Troviamo una buona presenza di effetti speciali a volte piuttosto buffi, ma in ogni caso interessanti per l'epoca.
Il finale ci riporta alla realtà, e alle atmosfere gotiche ed oscure già viste in partenza.
La donna, dopo aver fallito nella sua missione, perché la morte non può essere vinta da nessun essere umano e neppure dall'amore, ottiene un'ultima possibilità per salvare il proprio fidanzato: deve trovare un'anima da cedere al triste mietitore, in cambio di quella desiderata.
Questo tema mi è molto caro in quanto presente in moltissime storie lette in passato, (così come del resto le prove, o viaggi compiuti da amanti disperati in cerca del perduto amore) e spunto di base per un racconto che sto scrivendo, e chissà quando vedrà la luce.
In un susseguirsi di scene fortemente drammatiche anche per come sono state realizzate (vi dico solo una cosa, c'è un grande incendio e sembra dannatamente reale. Considerando che all'epoca non possedevano grossi effetti speciali, temo lo fosse) assistiamo al disperato tentativo della donna di indurre qualcuno a cederle la propria vita, al rifiuto di questi ultimi, e ad un momento di grande profondità e commozione che non vi spoilero, per non guastarvi la sorpresa.
Ciò che accade, è facile da intuire: l'infelice sposina si immolerà offrendo la propria vita alla morte, e i due fidanzati verranno riuniti per sempre nell'aldilà.
Un lieto fine dolce amaro per un film dalle suggestioni potenti e un messaggio morale forte, sempre attuale.
Ho amato moltissimo l'attore che impersona la morte: l'ho trovato splendido di una bellezza non consueta e classica, ma per via del magnetismo austero da lui emanato.

Bernhard Goetzke

È una morte malinconica, rassegnata, che non gioisce di ciò che è chiamato a fare, per obbedire ai voleri del Creatore.
Se la sua figura vi sembrerà familiare ricordandovi un' altra celebre raffigurazione della morte, ovvero quella de “Il settimo sigillo” (altro film da vedere) è perché Ingmar Bergman pare si sia ispirato proprio a “Der müde Tod”, per creare il “suo” triste mietitore.
Alcune scene sono bellissime ma non ve le racconto, un po' perché le potete ammirare nel video postato sopra, un po' perché ammesso vi venga voglia di guardare il film, non intendo privarvi delle emozioni che io ho provato. (sperando possano essere anche vostre)


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